Dalla casa in cui sono cresciuto – e che da lì a poco avrei perso – questo mare si aggrappava al mio balcone, decidendo con arroganza l’umore delle giornate.
Sorridendo alla “Grande onda di Kanagawa”, mi sono divertito a tingere cielo, sfumature e venature dell’acqua, dandogli la forma di stampe che miscelassero ricordo e realtà. Di conseguenza, le foto hanno subìto il mio bisogno di ripensarle come “finestre” fissate sulle pareti della mia nuova casa.
La turbolenza di quel giorno, che pare sconfinare nel cielo più che nella terra, segna un confine tra ciò che è visibile e ciò che è impenetrabile: l’acqua non è più trasparente.
Empatizzando con quello stato di bufera che detta le distanze e azzittisce come un urlo, fotografo un mare che delimita il confine tra la mia percezione e la sua imperturbabile natura: io vedo la sua tempesta, lui cela un’ignota quiete al di sotto dei suoi tumulti.
Michele Gattuso
La trovi nella serie di cartoline d'autore.